
03 mag GLI AFFRESCHI DI GIOTTO: TECNICA E SOLUZIONI
Come rifinitura dell’affresco si parla di tempera a secco oppure l’uso della calce quindi il mezzo fresco; anche le velature messe alla fine della giornata di lavoro possono contenere leganti organici. Questa tecnica composita (calce e tempera organica) venne usata sulle “pontate” dove la pura carbonatazione era solo di base al lavoro. Con la tecnica delle giornate la tempera ausiliare venne messa da parte ma non abbandonata del tutto. La tempera ausiliare venne usata da Giotto, Simone Martini, Ambrogio Lorenzetti, ecc.
Non è facile identificare a prima vista l’affresco puro e quello con interventi a secco tanto più se il tempo ha consumato e livellato la superficie cromatica, ma cercando con attenzione la densità delle stesure e il loro comportamento nel tempo possiamo comprendere molte cose. Un esempio è l’affresco di Giotto nella cappella Bardi: chiesa di S. Croce a Firenze, dove la veste di S. Chiara è stata modellata con tempera ausiliare sopra un abbozzo ad affresco.
La spiegazione può essere data dal fatto che l’ampia stesura dell’intonaco che comprendeva tutta l’immagine doveva richiedere una lavorazione superiore al tempo a disposizione dell’affresco per questo si ricorse ad un ausilio per continuare il lavoro nei giorni successivi.
Nella Cappella degli Scrovegni a Padova particolare della “missione di Gabriele” Giotto utilizza la tempera ausiliare. Per l’infiltrazione dell’acqua e gli inquinamenti relativi a ciò notiamo la perdita totale delle tempere a secco, la perdita parziale delle vesti dipinte con tempera ausiliare, mentre il buon fresco su teste e mani e gli abbozzi risultano discretamente conservati.
Giotto realizza i suoi affreschi su una piena conoscenza della materia “calce” e della sua carbonatazione; la principale resistenza è data con il buono fresco poi la tempera ausiliare affine ottenuta con l’aggiunta del latte o di caseina. Ad intonaco asciutto sul secco si completava con i colori che non resistevano all’alcalinità della calce come: azzurrite, verde rame, minio, lacca, leganti con uovo o con colla di pelle.
Alla fine il dipinto si impreziosiva con metalli in foglia: stagno, stagno dorato, oro, resine e olio. Tutte queste tecniche non resistono in egual modo: per primo lo stucco lucido e l’affresco, meno resistente la tempera ausiliare; per quanto riguarda le tempere ad uovo e colle sono molto vulnerabili nelle zone umide e molto deboli anche nelle parti asciutte. L’oro risulta ben conservato, mentre lo stagno dorato è scurito senza perdere la presa.
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