Cenni storici sulla pittura murale

Cenni storici sulla pittura murale

1-CENNI STORICI SULLA PITTURA MURALE

La storia della pittura murale è iniziata ancor prima che l’uomo imparasse a costruire edifici in muratura. Infatti, già nel periodo preistorico venivano eseguite pitture parietali (come  quelle delle Grotte di Altamira e di Lascaux), sebbene si trattasse di semplici segni tracciati direttamente sulle pareti rocciose senza uno strato d’intonaco.

I primi esempi d’intonaco comparvero nell’arte mesopotamica, egiziana e cretese, ma solo più tardi, quando negli intonaci cominciò ad essere mescolata la calce, ebbe inizio il vero e proprio procedimento di pittura “a fresco”.

Nella pittura murale egiziana gli intonaci erano a base di gesso e argilla, a cui talvolta veniva aggiunta paglia tritata affinché l’intonaco avesse maggiore elasticità. I colori erano a tempera (cioè a base di gomme o colle diluite in acqua), il che rendeva queste opere estremamente sensibili all’umidità. Queste si sono infatti conservate nel tempo solo grazie al clima eccezionalmente asciutto. Tuttavia, già in talune tarde pitture murali egiziane, mesopotamiche e cretesi si trovano intonaci fatti con sabbia o creta miste a calce per cui i colori, inglobati nell’intonaco per il processo di carbonatazione della calce, non sono più dilavabili dall’acqua.

Della pittura murale greca non si è salvato quasi nulla, salvo alcuni recenti ritrovamenti (quali la “Tomba del Tuffatore”, del 480 a.c., scoperta a Paestum nel 1968) dove le pitture denotano una perfetta padronanza della tecnica del “buon fresco”. Queste sono infatti eseguite su uno strato d’arriccio (a base di calce spenta e sabbia) e uno d’intonaco (con una maggior percentuale di calce e aggiunta di polvere di marmo). Il disegno preparatorio è graffito direttamente sull’intonaco.

Secondo Vitruvio (“De Architectura” –Libro VII) la preparazione degli intonaci con più strati successivi (arriccio + intonaco + intonachino) ebbe inizio nel periodo Ellenistico e si diffuse in seguito nell’Italia centrale, e quindi a Roma. Pare che i Greci usassero solo quattro colori: rosso, giallo, nero e bianco. Gli Etruschi (che usavano già più colori dei Greci) preparavano l’intonaco stendendo sulle pareti uno strato d’argilla sopra il quale passavano poi una “mano” di  latte di calce. Negli ultimi tempi però cominciarono anch’essi a preparare gli intonaci con sabbia e calce.

Per conoscere la tecnica delle pitture murali romane, sono importanti i numerosi affreschi emersi in seguito agli scavi archeologici. Infatti, mentre Vitruvio parlava di ben tre strati di arriccio (impasto costituito da calce spenta e sabbia grossolana) e di tre strati di intonaco (composto di sabbia fine, calce e polvere di marmo), tale procedimento andò presto semplificandosi e, dal II Secolo d.c. (e poi per tutto il Medioevo) gli intonaci furono generalmente composti con un solo strato d’arriccio e con uno d’intonaco.

3 Comments
  • Katy
    Posted at 03:02h, 24 giugno

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  • Stefano
    Posted at 15:03h, 24 giugno

    Complimenti per l’articolo.
    Un blog sul mondo dell’arte degli affreschi mancava ed il vostro sembra davvero interessante!
    A presto

  • critico d'arte siciliani
    Posted at 16:23h, 11 dicembre

    Francesca Julita Dall’Italia una stampante 3D – Aziende e consigli cercasi

    “IL PITTORE CHE DIPINGE LA STORIA” Le tele di Gaetano Porcasi: “il pittore che dipinge la storia” sono uniche, oltre che per i temi di impegno e di denuncia sociale trattati, anche per la tecnica ed i colori mediterranei da cui traspare un intensa “sicilianità ” . La mostra itinerante del 2003 sulla strage di Portella delle Ginestre ha rivelato l’elevato livello culturale dell’indagine pittorica di Porcasi e l’attualità dei temi trattati. Quel che accade nella Sicilia del 1947 quando i contadini occupavano le terre incolte che volevano seminare per sfamarsi scontrandosi con i proprietari terrieri difesi dai gabelloti mafiosi, accade oggi in Brasile dove i campesinos “senza terra” vengono assassinati dai vigilantes armati dai proprietari terrieri che erigono mura in difesa dei campi incolti. Nell’immobile “fotogramma” di una tela, desueto per la civiltà delle immagini che attualmente viviamo, l’autore riesce a trasferire il patos degli eventi ed i personaggi scaturiscono come prodotto puro della sua tensione morale, suscitando intense emozioni. A far da contrappunto alle pitture storiche che raccontano gli assassini di mafia, i paesaggi di una Sicilia solare con i fichidindia, le agavi, le ginestre, gli ulivi, le arance, i limoni; patrimonio di una terra baciata da Dio e calpestata dagli uomini. Infinite le tonalità dell’azzurro con le quali Porcasi dipinge il cielo della sua terra, è da lì che ha inizio il suo viaggio nel tempo. Le pagine della storia della Sicilia, sono scritte con il sudore e il sangue dei contadini che hanno dovuto combattere a mani nude per conquistare la terra e la libertà. Le bandiere rosse, simbolo della lotta dei lavoratori d’ogni tempo si fondono con il tricolore. In fondo è un’epopea italiana, mediterranea quella che l’autore ci racconta. Bandiere rosse e tricolore sullo sfondo di cieli di un azzurro struggente che nelle opere di Porcasi cambia di tonalità a seconda degli eventi, delle stagioni, degli umori degli uomini e delle loro azioni. Testimonianza questa dell’appartenenza dell’anima al tempo ed ai suoi mutamenti. Solo la natura rigogliosa tipica di questa terra, bella, solare e mediterranea, sembra rimanere immutata, muta ed immutabile testimone degli eventi e del trascorrere del tempo. Qui gli uomini sono solo “accidenti”. In questo l’artista opera come una divisione metafisica tra la natura: flora e fauna volte naturalmente al bene ed alle leggi immutabili (naturali) e l’uomo che quando è protagonista, è anche trasgressore per interessi di parte, per egoismo sfrenato, dell’armonia del creato, attore di violenza. C’è un’anima naturalistica dell’autore che può spiegarci l’impegno di Porcasi sul fronte ecologista in difesa della terra dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo che gli è costato persecuzioni e denunce da parte del potere costituito. Numerose, le analogie con i dipinti di Renato Gattuso rilevati dai critici d’arte nelle opere pittoriche di Porcasi. Oltre al realismo cromatico viene invocata la sicilianità, che appare condivisa aldilà delle tecniche utilizzate, con il grande maestro di Bagheria. Il verde dell’albero d’arancio amaro con le sue foglie di un verde acceso, le spine che nascono dai rami, così come i frutti colorati di un “colore arancio” dalle tonalità cromatiche rare, testimoniano, aldilà della semplice raffigurazione cromatica anche un’indagine psicologica complessa. Dal ramo, comune sorgente, scaturiscono frutti succosi e spine, proprio come accade nella vita degli uomini, che ogni giorno sono protagonisti della storia nel bene e nel male. La sicilianità in Gaetano Porcasi, diventa allora metafora della vita, e pretesto per raccontare storie mediterranee dal contenuto universale. L’artista dipinge con un linguaggio non criptato, facilmente comprensibile a tutti, dipinge con il cuore. Aldilà delle considerazioni “etiche” resta una riconoscibilità immediata delle tele di Gaetano Porcasi, che, nell’arte d’ogni tempo, è patrimonio dato a pochi artisti. Taluni restano sorpresi nel constatare la giovane età dell’autore, dietro queste opere d’arte che sanno di maturità piena. Il futuro, per questo “siciliano puro” non sarà un semplice accidente, ma qualcosa di straordinariamente importante per il mondo dell’arte. Giornalista e critico d’arte Cosmo Di Carlo PITTORE ANTIMAFIA GAETANO PORCASI http://WWW.GAETANOPORCASI.IT
    critico d’arte siciliani Blog, informazione e evoluzione

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