Le tecniche dell’affresco nella storia

Le tecniche dell’affresco nella storia

2- LE TECNICHE DELL' AFFRESCO NELLA STORIA

Dagli affreschi ritrovati a Pompei si è potuto appurare che i Romani usavano fare il disegno sull’arriccio (sinopia) e lo ricoprivano poi con l’intonachino “per giornate”.

Si sono poi riscontrate anche altre tecniche, che vennero riprese nel Medioevo, come la “battitura dei fili” e talvolta il disegno diretto eseguito col pennello o con una punta acuminata direttamente sull’intonaco.

Le pitture parietali dell’alto Medioevo erano quasi sempre “a fresco”, ma con ampie finiture a secco, fatte cioè sul muro già asciutto con i colori stemperati nel “latte di calce”. Gli artisti stendevano infatti le grandi campiture di fondo con la malta ancora umida e poi le rifinivano a secco.

In epoca Paleocristiana, Bizantina e Romanica, come già in quella Romana, gli affreschi venivano eseguiti a larghe fasce orizzontali, più o meno dell’altezza di un uomo, che seguivano l’andamento dei “ponti” (impalcature) cominciando dall’alto; per cui si dice che gli affreschi venivano eseguiti per “pontate” anziché per giornate. La velocità richiesta da questo metodo di lavoro era resa possibile dalla stessa tecnica di esecuzione (generalmente piuttosto sommaria), dalla semplicità del disegno e dall’impiego di moduli iconografici fissi, specialmente da parte delle maestranze bizantine.

Nella pittura romanica e bizantina il disegno preparatorio veniva eseguito direttamente sull’intonaco, tanto che spesso traspare.

Tra la fine del 1200 e il 1300 si ebbero due innovazioni tecniche di fondamentale importanza, strettamente legate fra loro: l’uso del disegno preparatorio fatto sull’arriccio, detto “sinopia” e la stesura dell’intonaco “per giornate”, cioè coprendo con l’intonaco quella parte della sinopia che il pittore pensava di dipingere in una giornata, ovvero con la malta ancora umida.

Sull’intonaco il pittore riportava col verdaccio quella parte di disegno che veniva nascosta dalla malta.

Nel 1400 all’uso della sinopia si sostituisce quello del cartone; l’artista abbozzava un primo schizzo della composizione su scala minore, questa veniva trasportata in scala definitiva su una serie di grandi fogli di carta che, incollati assieme, costituivano il “cartone”. Poi venivano bucherellati i contorni delle figure e quindi, fissato il cartone sul muro, vi si batteva sopra con un sacchetto pieno di polvere di carbone in modo che la polvere nera lasciasse sull’arriccio il disegno dei contorni.

Oltre a questa tecnica detta “spolvero” il disegno poteva essere trasportato dal cartone al muro premendo con una punta metallica i contorni delle figure che rimanevano impressi nella malta fresca.

Un’altra innovazione fu la “quadrettatura”, che facilitava la trascrizione dal disegno di piccolo formato al cartone e al muro. Questo tipo di trascrizione divenne comune nel ‘500 e soprattutto nel ‘600 e ‘700.

Nell’800 si diffuse sempre più l’uso della pittura “a secco”, ma continuò ad essere praticata anche quella “a fresco”.

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